Un tempo pensavo che questo fosse l’inizio della tua storia.
Siamo così limitati dal tempo, dal suo ordine.
Ci sono giorni che determinano la tua storia al di là della tua vita.
Arma apre tempo.
Nonostante io conosca il viaggio e dove porterà, lo accetto, dal primo all’ultimo momento.–Arrival
Oggi pomeriggio, al posto di riguardare gli appunti di meccanica analitica (nel weekend mi pentirò di questa decisione) ho aperto il mio vecchio quaderno di filosofia delle superiori. Stracolmo di appunti, riflessioni, concetti e collegamenti che da liceale mi divertivo a snocciolare completamente, fino ad arrivare a comprenderne il significato in maniera così cristallina da poterlo spiegare a chiunque. Mi sono imbattuta in Kant e Nietzsche e ho capito, credo, perché ho scelto fisica. Ora lo vedo, due anni fa, sommersa dalle matrici e dall’istinto di mollare tutto non l’avrei potuto vedere. Kant che parla per la prima volta di “strutture mentali”, del fatto che la realtà potrebbe non essere conoscibile per noi, che possediamo appunto delle strutture che ci permettono di filtrare le informazioni, di leggere il mondo solo in un certo modo, attraverso un certo linguaggio con cui la nostra mente pare essere programmata. E qui potremmo già ragionare su un primo concetto, ovvero sul fatto che lo scienziato, anzi, l’uomo che ragiona ed osserva avvalendosi del metodo scientifico è consapevole del proprio “handicap”, di quanto la sua osservazione, per quanto oggettiva rimarrà sempre parzialmente intaccata anche solo dal semplice fatto di star osservando, di star interagendo con l’oggetto. Un’altra cosa geniale che dice Kant è a proposito della bellezza, che non è assoluta, non è un’idea come poteva essere la bellezza di Platone. Il soggetto definisce la bellezza nell’incontro con l’ogetto, la bellezza nasce dall’interazione tra l’osservatore e l’osservato. Trovo sia da togliere il fiato quanto queste teorie riescano ad essere eleganti e puntuali e così vicine a quello che la fisica è arrivata a scoprire oggi. Quanto era limpido il pensiero di Kant per riuscire a vedere così oltre, per riuscire a farci intuire che siamo parte di un tutto. Che siamo quello che osserviamo. Questa è una mia idea. Credo che ci spingeremo così in là da riuscire a guardarci allo specchio e capire che il confine tra noi, tra le nostre menti e l’universo sconfinato ed inconoscibile è infinitamente labile.
Kant descrive anche con immagini stupende due categorie di fisici, due motivazioni che spingono le persone ad interessarsi o a studiare la fisica. E lo fa attraverso il Sublime kantiano, ciò che un uomo prova innanzi all’infinitamente grande ed all’infinitamente piccolo. Qualcosa che sfugge alla nostra comprensione, qualcosa che sembra così lontano dal modo in cui abbiamo imparato ad approcciarci alla realtà. Da una parte suscita in noi lo sgomento, la paura, quel sentimento che si prova quando si capisce che è tutto casuale, che la nostra vita è una particella quasi inesistente in mezzo ai miliardi di miliardi di eventi che ci circondano su scale inimmaginabili. Dall’altra è quella che Kant chiama “la ragion pura” a creare una “tensione metafisica”, adoro quest’espressione perché rende l’idea. Una tensione metafisica, ovvero proprio perché siamo uomini possiamo percepire il sublime, possiamo provare quella sensazione di connessione con ogni cosa, quella percezione del mondo e della vita nel loro insieme, possiamo sentire di essere parte di un marchingegno, di un quadro così sterminato, così complesso, meraviglioso e terrificante in tutta la sua matematica casualità. E ancora più stupefacente è come i meccanismi dentro di noi siano tanto sofisticati da permetterci di studiare e comprendere ed in parte a cogliere con una sorta di sesto senso il potenziale della vita che viviamo e del mondo di cui siamo parte.
E infine Nietzsche e il tempo. Nietzsche che uccide Dio dicendo che lui, come qualunque principio assoluto che i filosofi hanno cercato di ideare è solo un tentativo di riordinare la stanza. Una stanza troppo grande in cui vogliamo trovare le nostre cose e capire dove andare e capire perché si soffre e perché si gioisce, e trovare una causa ed uno scopo alle nostre vite. Ma la verità forse è proprio questa, che non possiamo aggrapparci a certezze di questo tipo. Le uniche vere certezze dovrebbero giacere dentro di noi, nella capacità di affermarci, di capire che non deve esistere nulla di superiore ad attribuire una finalità alle nostre azioni, ai nostri successi, ai nostri fallimenti e ai nostri dolori. Siamo noi, sempre noi che abbiamo l’incredibile potere di scegliere. E come si lega il tempo a tutto questo discorso? Eliminando la nostra concezione di tempo lineare, di presente condizionato dal passato e tendente ad un futuro. Cosa sono passato e futuro? Esiste il presente. Esiste qui ed esiste ora. Esiste perché lo stiamo vivendo, il passato non lo viviamo più, il futuro non è ancora stato vissuto. E ancora non si sa se è già tutto predisposto lungo una linea e noi la percorriamo istante per istante, oppure se in realtà presente, passato e futuro si srotolano all’unisono. Il tempo ciclico, di quel tempo parlava Nietzsche, e qual è la differenza sostanziale? Che in un tempo ciclico ogni istante è equidistante dal centro. Ogni istante siamo chiamati a dare un valore alle nostre vite.
E ancora una volta la fisica ci lega in maniera così insolita ed affascinante all’universo che ci circonda ed all’universo che abbiamo dentro di noi. In questo modo ci insegna a guardare al di fuori e di conseguenza ad apprezzare l’enorme valore dell’esistenza.
Camilla