• Ho passato delle vacanze di Natale che non sono da considerarsi eccessivamente positive.
    O eccessivamente natalizie.
    O eccessivamente come dovrebbero essere delle dannate vacanze. Ma in ogni caso sono finite.

    E’ stato dal primo all’ultimo giorno un combattere quotidianamente contro l’angoscia per gli imminenti esami, contro il peso della propria inadeguatezza, contro concetti ostici da comprendere in tempi brevi. Ho impiegato più del doppio del tempo previsto per finire un argomento. E’ sempre suggestivo crearsi un piano di studi e sforare come se non ci fosse un domani. Ad ogni modo siamo arrivati al dunque. Questa sera tornerò a Pavia, al mio appartamento freddo ma accogliente, alla cupola del Duomo che la mattina si illumina di quella luce rossiccia quando il sole comincia a stiracchiarsi, al dipartimento di Fisica ed alla sua biblioteca un po’ triste dove passerò il prossimo mese e mezzo a studiare. Partire è sempre un momento che genera dell’agitazione dentro di me. Per quanto sia riuscita ad ambientarmi in questi mesi, ogni volta tornare a casa mi fa sentire la differenza, mi fa capire dove continua ad essere la vera casa. Sono le persone. Le persone che mi danno quel calore e quel conforto che non riesco a sentire quando sono a Pavia. Che non riesco a sentire perché so, ogni mattina, di dovermi affrontare, me da sola contro me stessa e contro i miei pensieri, contro il mio cervello e la mia paura che tentano continuamente di affossarmi, di indebolirmi, di farmi sentire stupida, inadatta. So che non è così, so che fallirò, e non sarà nulla di grave, perché il vero fallimento sarebbe arrendersi. Io non voglio arrendermi.

    E’ solo così difficile sentire ogni giorno di non essere abbastanza, che l’impegno non è mai abbastanza, che c’è chi si impegna di più, chi capisce di più, chi è più appassionato. Vorrei che la mia testa la finisse di dirmi cose cattive su di me, e si concentrasse solo su quello che devo fare. Mi interessa capire a fondo le cose, mi interessa comprenderne il senso, pian pianino e aprirmi degli orizzonti a prospettive inimmaginate. Sono disposta a non comprendere ogni concetto subito, ma con i miei tempi; sono disposta ad aspettare di superare gli esami dopo qualche tentativo; sono disposta ad impegnarmi, è dura, non sono mai stata abituata ad impegnarmi, ma posso riuscirci. Vorrei solo che non fosse così dura tener testa alle proprie paure ed insicurezze. Sono stanca di incassare male ogni colpo che mi arriva, per quanto piccolo. Vorrei riuscire a guardarmi giorno per giorno, senza cercare di vedere avanti, il futuro cosa sarà, voglio arrivare a fine giornata e provare la gratificazione di chi scopre qualcosa di bello.

    Camilla

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    Avere la fortuna di saper rimanere impressionati. È di questo che vorrei parlare: la meraviglia. Ho notato, tra le poche cose positive dell’essere una capra in matematica, che, in effetti, averne una ridotta conoscenza mi rende più facilmente impressionabile di altri. Credo che lo studio di materie scientifiche abbia questi due lati ambivalenti: la frustrazione nel rendersi conto di quanto è immenso il bagaglio di informazione che ancora non si conosce, e la soddisfazione che si ha quando dopo ogni tassello, dopo ogni minuscolo concetto si riesce a sbloccare una piccola porta nella propria mente.

    Questo discorso nasce da alcune mie scoperte di ieri sera, mentre studiavo Analisi I. Me ne stavo seduta in biblioteca cercando di non pensare che manca meno di un mese all’esame, e non so fare nulla, e sono inutile, e sono incapace e sei anche brutta e cattiva non ti vuole nessuno eccetera. (Il mio cervello è un demonio a creare collegamenti quando si tratta di autodistruggermi psicologicamente). Fatto sta che il mio obiettivo era di concentrarmi sul presente, su quello che stavo studiando in quel momento ed improvvisamente, capendo un concetto, mi colpì in faccia una rivelazione pazzesca. Sarà banale per un bravo matematico, io mi sono sentita come se la mia visione, tutto d’un tratto, diventasse più chiara. Ovviamente è stato quello a darmi la botta di positività necessaria per scrivere e, come sapete, essendo molto ma molto precaria, ho dovuto approfittarne per spargere speranza.

    Sono piccole conquiste e credo che sia così che bisogna procedere, umiltà e voracità di sapere, e curiosità e capacità di immaginare, di accettare ciò che sembra impossibile.

    Per questo la scienza unisce le persone, non nel senso che tutti debbano essere scienziati. Il cuore pulsante, il motore della ricerca sono coloro che hanno passione, con il desiderio di imparare e di lasciarsi continuamente stupire. Il pensiero scientifico è molto più che fredda razionalità, è fiducia nel futuro, negli altri, nella scoperta, nel mondo. Io credo che, in realtà, il pensiero scientifico renda più ottimisti.
    Camilla

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    Forse è normale perdere il senso di quello che si sta facendo. Sono così concentrata a volte a capire dei concetti che perdo il senso generale, a che serve, di cosa stiamo parlando. Per questo gli esercizi mi sembrano così complicati, perché è la concretizzazione di quello che credevo di aver capito, ma la realtà è che quel poco a cui sono arrivata ragionando ed analizzando mi mantiene comunque in una dimensione così astratta alla quale sfugge l’applicazione.

    Sembra che ogni persona qui non abbia questo problema, tutti hanno ben chiaro dove si va a parare. Sembra di studiare cose che trascendono la mia capacità di comprensione. Così tante nozioni, così tanto sapere sul mondo che vorrei riuscire ad esserne vorace ed invece la consapevolezza di tutto quello che mi manca mi schiaccia, mi soffoca, mi opprime.

    Non dovrei pensare che tutto questo è più grande di me. E’ che a volte mi sento quasi non degna. Ma ad ascoltare la propria testa ci direbbe che non meritiamo nulla di ciò che abbiamo.

    Camilla

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    Reduce da un mezzo meltdown sento di dover rendervi partecipi di alcune mie scoperte sperando che possano per voi cari, numerosissimi ed affezionatissimi lettori (ciao mamma, parlo di te) essere un giorno utili.

    Settimana negativa. Ho evitato il tracollo emotivo giusto perché per Halloween il mio ragazzo ha avuto cuore di stare qui con me. Coccole, cibo ed una serie di altre variabili che sarebbe poco fine stare a descrivere mi hanno aiutato a posticipare il più possibile l’angoscia. Ma alla fine Ella inevitabilmente giunse e mi colpì come una mazza da baseball sui denti. Il giovedì mattina si è basato sul cercare di smettere di piangere per rendersi presentabili ed andare a lezione (la cosa del rendersi presentabili chiaramente non è venuta troppo bene).

    Ed ora eccomi qui, raggiante. Cerco di scrivere questo post entro i prossimi due minuti perché la mia stabilità psicologica è così precaria che potrei perdere la motivazione in un istante.

    Cos’è di grande aiuto? Studiare con degli amici. Amici che ne sanno un po’ più di te possibilmente. Amici che non vi prendano in giro se siete più lenti nella comprensione di concetti ostici o anche non ostici, che vi spieghino le cose con calma, senza dare nulla per scontato. Studiare discutendo, potendo fare molte domande e ricevere molti esempi è stimolante per voi e credo possa esserlo anche per chi spiega (me lo auguro). Assistere passivamente alle lezioni spesso fa sentire impotenti innanzi alla propria difficoltà di capire. Farete sempre fatica (escludendo le rare eccezioni che mannaggia a loro hanno già tutto chiaro nel cervello io manco so che cazzo di argomento stiamo affrontando). L’importante è che col tempo prendiate consapevolezza di essere in grado di superare questo gap, e man mano diventiate fiduciosi di poter capire, con i vostri tempi, ogni concetto. Non è facile. Ma studiare con gli amici vi ridà il gusto della sfida con voi stessi, mentre quando semplicemente non capite nulla vi sembra di non aver nemmeno giocato la partita. Cercate il più possibile modi per mettervi alla prova. È durissima. E anche se vi idratate poco come la sottoscritta riuscirete a piangere come dei salici, ma alla fine della salita ci sarà un cazzo di rifugio in cui fanno la polenta!

    Che era una metafora terribile per dire che la fatica porta ad avere delle soddisfazioni…e per dire che la polenta vale sempre lo sforzo.

    Me ne vado.

    Camilla

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    Com’è giusto che sia è meglio mettere in guardia voi future matricole di Fisica che come me ne capite poco, dei lati negativi, degli stati emotivi che magari attraverserete e potranno abbattervi, insinuarvi quella paura terribile e costante di non essere all’altezza.

    Julie nel film Julie & Julia li definiva “meltdown”. Beh, io ne ho parecchi, nonostante un miracoloso miglioramento del mio umore nell’ultima settimana so che c’è sempre il momento di sconforto dietro l’angolo pronto ad assalirmi. Nel mio caso specifico tende a trasformarsi in cupa disperazione ma questo è un altro discorso.

    Il problema dove sta? Sta nel fatto che io la guardo questa lavagna stracolma di concetti algebrici e non so che cosa stia succedendo. Sono lontana dal non capirlo, non so proprio cosa sia. Da un certo momento in poi non mi sforzo nemmeno più di trovare un senso. Non ho capito le cose prima, né quelle prima, né quelle prima ancora. Ho smesso di seguire prefissandomi di studiare da sola a casa e non ho avuto il coraggio di aprire libro o dispense. Ho il terrore. Non voglio leggere quelle prime due righe e sentirmi stupida, e prendere consapevolezza del fatto che dopo ce ne sono altre duemila di righe e per ognuna ci sarà un meltdown fottuto. Bisogna fare i conti anche con questo aspetto purtroppo. Che sei sempre indietro, non sei mai abbastanza, e non lo sarai mai ma nemmeno i migliori scienziati lo sono. Eppure loro impegno e passione ce le hanno messe. Io sarò capace di mettercele?

    Camilla

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    Facciamo il punto della situazione. L’idea originaria di questo blog doveva essere di recensire film senza la benché minima competenza o senza uno straccio di follower  a cui potesse fregare un cazzo della mia opinione. Forse volevo cercare di manifestare il mio entusiasmo verso il mondo del cinema cercando di paragonare la mia vita, le mie esperienze e le mie emozioni ai film. A volte ciò che si vede allo schermo, ciò che un bravo regista riesce a fare con una buona fotografia, una bella sceneggiatura e un gran cast ha il potere di insinuare dubbi, di dar vita a terreno fertile per una riflessione, su sé stessi o su ciò che ci circonda. Non è così banale come sembra, o almeno mi piace pensarlo. Fatto sta che poi il blog ha preso una piega sentimental-patetica tra poesie e post deliranti sul mio egocentrismo e testi di canzoni che mi permettevano di sfogare il mio profondo bisogno di autocommiserazione, che alla fine ho perso di vista l’obiettivo e ho cominciato a scrivere di meno.

    Un blog non è un diario, non è un “hey gente, vi rendo partecipi delle mie pippe mentali nella speranza che a qualcuno freghi una fava di come sto io”. Un blog è fatto per gli altri secondo me, per voi pochi che mi seguite e per i futuri che magari mi seguiranno. Vorrei che vi interessasse ciò che ho da dire e ciò che penso, non essere compatita, non è questo lo scopo.

    Tutto ciò per arrivare ad una conclusione molto semplice.

    Ho iniziato l’università, Fisica. Sono uscita da un liceo delle Scienze Umane credendo di essere un genio, una persona particolarmente brillante, per poi rendermi conto che non tutto mi è facile, non sempre posso vincere. Vorrei riportare quest’esperienza, perché le persone che non capiscono o non conoscono la scienza credono che renda solo più brutto il mondo, o che sia un ammasso di nozioni incomprensibili ideate da uomini senza altri interessi oltre ad una manciata di numeri. Vorrei che le persone percepissero la sua bellezza, percepissero che se esiste l’idea dell’esistenza di un Dio, di un qualcosa che va oltre, di una spiritualità o qualsiasi cosa in cui crediate, è grazie al fatto che siamo qui e cerchiamo di capirci da quando esistiamo e più capiamo, più ci rendiamo conto del mistero che ci avvolge e di quanto siamo lontani dall’avere una spiegazione. Non è bellissimo ? Il mistero. Perché l’arte, la filosofia, la letteratura, la psicologia devono essere slegate dalla disciplina che cerca incessantemente di comprendere come il mondo sia realmente e di conseguenza quale sia il nostro ruolo ? Trovo che quest’impresa sia affascinante, e sarebbe bello un giorno prenderne parte, per ora studierò, cercherò di capire ciò che è già stato scoperto, mi farò sbalordire e sbatterò la testa in tutti quei concetti così ostici che buona parte delle persone rigettano con disgusto e si rifiutano di apprendere, anche se ne sarebbero in grado. Ma non sono una divulgatrice scientifica, non sono una scienziata, non sono un’appassionata di fisica, non sono nemmeno una che ne sa molto su tutta questa faccenda dell’universo. Sono solo una ragazza che ha sentito il richiamo di quel mistero e spera di potercisi avvicinare giusto per capire quanto è profondo ed inconoscibile. Studio fisica perché vorrei capirla per arrivare a quella bellezza così intensa della natura, dell’universo e dell’uomo che ha ispirato le menti più brillanti, e fatto emozionare i cuori più sensibili.

    Vorrei che questo blog potesse essere letto anche da altre persone, infine, che, come me, non si sono mai confrontate con i propri limiti. Vorrei che fosse loro di aiuto per capire che non sono soli, non sono sbagliati, non sono stupidi. Ogni giorno quando entro nella mia aula mi devo ripetere ogni secondo che tutto questo non è più grande di me, che non devo confrontarmi con gli altri, o spaventarmi se sembrano più capaci, più intelligenti. La lotta è con me stessa e perderò solo quando getterò la spugna perché avrò deciso di non credere in me, di non credere di essere all’altezza. Questa impresa è alla mia portata, è alla vostra portata. Tenete duro e accettate i fallimenti, accettate di non raggiungere l’eccellenza, accettate di non essere i migliori, di perdere a volte o spesso magari. E’ per voi che lo fate e per nessun altro.

    Buona fortuna, la auguro a voi e a me.

    Ce la faremo.

    Camilla

  • La mia vita sta prendendo una svolta. Lo sento ogni giorno che passa. Sento che le cose che faccio, tutto ciò che a me è familiare svanirà per dare spazio ad ambienti completamente nuovi. Quello che vedo, le abitudini che ho, i profumi che riconosco non li troverò più, ne troverò altri.
    E mentre tocco la tua pelle, e ti guardo dormire, sei bellissimo, e penso che anche tu forse sei una di quelle cose familiari che non avrò più intorno.
    E allora ti stringo, ti stringo forte.
    Questi sono gli ultimi momenti.

    Camilla

  • La verità è molto banale.

    È che ti manca terribilmente e quella cosa che ti divora il cervello è il costante terrore che per lui non sia lo stesso. E che tornerai ed avrà altro da fare e tu vai avanti nel buio ad annegare in quel presentimento di non essere abbastanza, sentendo che le tue lacrime sono sbagliate e la tua tristezza è opprimente anche per lui. Ed ogni volta che vedi una ragazza più bella di te pensi che la sua esistenza comporti un valido motivo per lui di lasciarti. E la testa si arrovella su pensieri e pensieri e pensieri che si attaccano l’un l’altro e formano questa catena di spine in cui ogni giorno inciampi. E se pensi che qualcun altro lo abbraccerà piangi e basta. Come una scema.
    Camilla

  • A Sophie

    L’unica persona che mi amerà per sempre sei tu.
    L’unica persona che conosce i miei difetti.
    L’unica persona che sa smascherare le mie insicurezze.
    L’unica che capirà i miei errori e che capirà i miei pianti, anche quando sembreró patetica.
    L’unica che riderà con me anche sulle cose inutili e tristi.
    L’unica che non mi farà mai sentire fuori posto.
    L’unica che si costringerà ad accettare la mia vita e a farne qualcosa di mio.
    L’unica che mi spingerà ad andare incontro alle mie paure, e mi abbraccerà quando non ci riuscirò.
    L’unica che è disposta ad essere uno sfondo della mia felicità.
    L’unica senza la quale la mia felicità non avrebbe alcun senso.

  • Date nel senso di “coinvolgimento sociale” intergenere connotava due operazioni nettamente distinte: (A) l’esplorazione bilaterale di un’eventuale compatibilità neurogenetica a lungo termine orientata a unione intergenere legalmente codificata, I.G.P. e progenie soft; o (B) il perseguimento unilaterale di un episodio immediato, vigoroso e non codificato di interfaccia genitale incurante della compabilità, della progenie soft e anche solo di uno straccio di telefonata il giorno dopo.

    David Foster Wallace